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In questo spazio troverete la pagina dedicata al Podcast a cura di Fiscoeasy e tutti gli approfondimenti che il nostro Team pubblica su temi fiscali.
sabato 14 dicembre 2019
domenica 8 dicembre 2019
domenica 24 novembre 2019
Conto Corrente in Valuta Estera - Tassazione
Conto corrente in valuta estera - Tassazione
Guida Fiscale
Questa breve guida sul trattamento fiscale dei conti correnti in valuta estera segue gli approfondimenti già pubblicati da fiscoeasy.it sui redditi esteri prodotti all’estero.
Fiscoeasy.it è l’evoluzione digitale del tuo commercialista o esperto fiscale tradizionale, oggi comunemente chiamato commercialista online.
Il conto corrente multicurrency è un conto corrente in valuta che permette di operare su divise estere. Molte banche oggi propongono ai propri clienti un conto corrente multicurrency per permettere al correntista di eseguire investimenti in divisa estera oppure ricevere o eseguire bonifici in divisa straniera per esempio dollari, sterline o altre valute.
Il conto corrente in valuta necessità di una particolare attenzione da parte del contribuente nel caso in cui la giacenza sia superiore ad 51.645,69 euro per almeno sette giorni lavorativi consecutivi nel corso dell’anno. Il calcolo della giacenza deve essere fatta in maniera complessiva per tutti i conti correnti in valuta del contribuente anche se questi si trovano in banche diverse.
La giacenza come sopra indicata costituisce il presupposto per la tassazione delle plusvalenze in valuta estera. La banca comunicherà all’Agenzia delle Entrate il superamento della giacenza di € 51.645,69 tuttavia non essendo in questo caso un sostituto d’imposta non calcolerà le imposte che il correntista dovrà versare. Quest’ultimo in maniera autonoma, (o con l’ausilio di un consulente o commercialista online) tramite una certificazione che obbligatoriamente la banca rilascerà, dovrà eseguire il calcolo delle eventuali plusvalenze (o minusvalenze) e procedere alla tassazione.
Se il presupposto di tassazione del proprio conto corrente è verificato il correntista dovrà controllare quali sono le operazioni che determinano una plusvalenza ponendo a confronto il corrispettivo ottenuto dalla cessione della valuta estera con il costo sostenuto al momento dell’acquisto. Si ha cessione di valuta estera nel caso di prelievo di denaro dal conto in valuta, nel caso di acquisto di titoli (obbligazioni, azioni, ecc..), di pagamenti a soggetti terzi o di spese che vengono sostenute sul conto. In pratica bisogna porre attenzione agli addebiti che vengono eseguiti sul conto corrente in valuta.
Per ogni cessione di valuta estera dovrà essere determinato il controvalore in euro secondo il cambio del giorno in cui sono stati percepiti oppure del giorno antecedente più prossimo. Dopo aver determinato il corrispettivo in euro delle cessioni di valuta sarà necessario determinare il costo sostenuto al momento dell’acquisto della valuta estera. In modo speculare si ha un acquisto di valuta estera nel caso di versamento di denaro sul conto, oppure nel caso di vendita di titoli e quindi di accredito di denaro in valuta sul conto o ancora nel caso di bonifici che provengono da soggetti terzi. Anche per gli acquisiti di valuta estera andrà determinato il controvalore in euro utilizzando il cambio del giorno in cui è avvenuto l’acquisto.
Visto che la plusvalenza (o la minusvalenza) deve essere quantificata eseguendo la differenza tra corrispettivo in euro percepito al momento della cessione di valuta e il costo sostenuto in euro al momento dell’acquisto è necessario abbinare ogni uscita dal conto corrente in valuta ad un precedente accredito. La metodologia per abbinare le uscite di valuta all’accredito è quella denominata LIFO. In questo modo si considerano cedute per prime le valute acquisite in data più recente. Nell’eventualità che il contribuente non riesca a documentare il costo di acquisto della valuta estera ceduta dovrà utilizzare come costo il valore della valuta al minore dei cambi mensili comunicati dall’Agenzia dell’Entrate nel periodo d'imposta in cui la plusvalenza è realizzata.
Tassazione:
La plusvalenza così determinata dovrà essere dichiarata (dal tuo consulente o commercialista online) nel quadro RT della Dichiarazione dei redditi è tassata con l’aliquota del 26%. Anche la minusvalenza, ossia quando il corrispettivo in euro della cessione di valuta estera è inferiore al costo di acquisto, dovrà essere riepilogata in dichiarazione dei redditi e potrà essere compensata con eventuali plusvalenze.
Nel ringraziarVi per l’attenzione che avete dedicato a questa guida informativa sul trattamento fiscale dei “conti correnti in valuta” Vi rimando ai nostri canali di contatto per eventuali approfondimenti o chiarimenti.
Fiscoeasy.it , il tuo commercialista online , è facilmente raggiungibile sul web all’indirizzo www.fiscoeasy.it o con email info@fiscoeasy.it
Team Fiscoeasy
domenica 20 ottobre 2019
Bonus pubblicità 2019
Scade
il 31 ottobre 2019 la possibilità di presentare la domanda telematica all’Agenzia
delle Entrate per “prenotare” il Bonus Pubblicità per l’anno 2019.
Imprese, professionisti ed
enti non commerciali possono godere di un credito d’imposta pari al 75% del
valore incrementale delle spese sostenute per investimenti in pubblicità
eseguiti su:
·
Giornali quotidiani, periodici ed online;
·
Emittenti televisive e radiofoniche locali
analogiche o digitali
Per godere del Bonus
Pubblicità 2019 è necessario:
·
che nell’anno precedente (ossia nel 2018)
siano stati eseguiti investimenti pubblicitari sugli stessi mezzi di
comunicazione dell’anno 2019;
·
che l’incremento degli investimenti
pubblicitari sia superiore almeno all’1% rispetto a quello dell’anno precedente.
Non è possibile godere del
bonus pubblicità 2019 se nell’anno 2018 non sono stati eseguiti investimenti in
pubblicità.
Il credito d’imposta è
utilizzabile in compensazione attraverso il modello F24 ed è oggetto di
tassazione ai fini delle imposte dirette.
Le Imprese, professionisti
ed enti non commerciali, dopo aver presentato la domanda entro il 31 ottobre
2019, dovranno inviare all’Agenzia delle Entrate, tra il 1° e il 31
gennaio dell’anno 2020, una dichiarazione sostitutiva riepilogativa
degli investimenti effettuati nell’anno 2019.
Il credito d’imposta 2019
sarà attribuito nei limiti delle risorse disponibili, questo significa che nel
caso in cui le domande superino le risorse messe a disposizione sarà eseguita
una ripartizione in percentuale degli importi a disposizione.
Il credito d’imposta è
riconosciuto nei limiti del “de minimis”
Per saperne di più contatta fiscoeasy, il tuo commercialistaonline.
Team Fiscoeasy
giovedì 3 ottobre 2019
Commercialista online - fiscoeasy.it
Fiscoeasy è un progetto molto innovativo e in continua crescita. Riesce a salvaguardare il rapporto tra commercialista e utente in ogni momento. La tecnologia la coniughiamo con la passione per la nostra professione.
domenica 1 settembre 2019
Lavoratori impatriati - Agevolazioni e benefici per chi rientra in Italia
Fiscoeasy, commercialista online, con l’intento di approfondire, in modo semplice, i temi fiscali di maggiore attualità, questo mese ti offre un approfondimento sul sugli incentivi che il decreto crescita ha previsto per i lavoratori impatriati.
Con lo scopo di incentivare il rientro in Italia dei nostri concittadini che negli anni passati si sono trasferiti all’estero il Governo Italiano attraverso il Decreto Crescita ha apportato importanti novità alla normativa cosiddetta “Impatriati”.
In base a tale norma i redditi di lavoro dipendente, i redditi di lavoro autonomo (attività professionale) e i redditi di impresa (ma solo dall’anno 2020) concorrono alla formazione del reddito complessivo solo per il 30%. Ossia viene tassato solo il 30% dell’importo del reddito prodotto.
Le condizioni, per l’applicazione di tale disciplina di favore, sono le seguenti:
- non essere stato residente in Italia nei 2 periodi d’imposta precedenti il trasferimento;
- impegnarsi a risiedere nel nostro Paese per almeno 2 anni;
- prestare l’attività lavorativa prevalentemente in Italia.
L’agevolazione si applica a decorrere dall’anno in cui è avvenuto il trasferimento della residenza ai fini fiscali in Italia e per i quattro anni successivi. Quindi 5 anni.
E’ importante sottolineare che il trasferimento della residenza si considera tale se rispetta i requisiti previsti dalla normativa tributaria ossia se riguarda la maggior parte dell’anno quindi almeno 183 giorni nell’anno solare.
La normativa di vantaggio si applica ai soggetti che trasferiscono la residenza in Italia a partire dall’anno successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del decreto crescita (pertanto dal 2020). Dato che, come sopra indicato, il requisito del trasferimento deve sussistere per la maggior parte dell’anno, è necessario che la residenza venga trasferita successivamente al 30 giugno 2019: in tal caso i redditi prodotti in Italia nella seconda parte dell’anno 2019 dai non residenti saranno assoggettati all’imposizione ordinaria, mentre il requisito della residenza potrà configurarsi dal 2020.
E’ importante sottolineare che chi decide di trasferire la propria residenza in una delle regioni del Sud Italia (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria Sardegna e Sicilia) gode di un aumento dell’esenzione del reddito imponibile Irpef pari al 90%. Pertanto il reddito oggetto di tassazione sarà pari solo al 10%.
Ulteriori modalità per prorogare le agevolazioni o per godere di un ulteriore esenzione sono le seguenti:
- proroga delle agevolazioni per ulteriori cinque anni, tuttavia con una riduzione della detassazione al 50%, a coloro che hanno almeno un figlio a carico o minorenne (anche in affido preadottivo) e a coloro che diventino, successivamente al trasferimento della residenza nel nostro Paese o nei 12 mesi successivi, proprietari di almeno un immobile residenziale in Italia;
- proroga delle agevolazioni per ulteriori cinque anni per coloro che hanno almeno tre figli a carico o minorenni (anche in affido preadottivo) con una detassazione del reddito imponibile Irpef elevata al 90%.
Dato che l’agevolazione riguarda il reddito imponibile ai fini IRPEF l’agevolazione relativa alla normativa “impatriati” è incompatibile con il regime forfettario.
Per maggiori approfondimenti e/o informazioni puoi sempre contattare fiscoeasy, il tuo commercialista online, collegandoti al sito www.fiscoeasy.it.
Team fiscoeasy
venerdì 2 agosto 2019
ISA - Indici sintetici di affidabilità fiscale
Via gli studi di settore e al loro posto debuttano gli Indicatori sintetici di affidabilità fiscale (ISA), uno strumento con cui l’Agenzia delle Entrate misura statisticamente il corretto importo dei compensi e dei ricavi di professionisti e imprese. A differenza di quanto previsto con gli studi di settore, con gli ISA non ci sarà più la distinzione tra contribuenti "congrui" e "non congrui".
Il nuovo strumento, prende in considerazione un lasso di tempo di 8 anni e dunque i nuovi Indicatori dovrebbero contenere dati più attendibili rispetto agli studi di settore. Vediamo allora di seguito il funzionamento degli Indicatori sintetici di affidabilità fiscale, cosa cambia per i contribuenti e i benefici previsti per tutti coloro che raggiungono un buon livello di affidabilità in base a una scala di valori da 1 a 10.
Cosa sono gli Indicatori sintetici di affidabilità fiscale?
Ora scendiamo più nei dettagli per capire esattamente di cosa stiamo parlando: cosa sono gli ISA. In poche parole gli Indicatori di affidabilità fiscale sono uno strumento a disposizione dell’Agenzia delle Entrate per valutare i ricavi e i compensi dei contribuenti in modo trasparente e giusto.
Nella pratica gli ISA misurano tramite un sistema statistico-economico informazioni e dati inerenti a diversi periodi di imposta, fornendo una serie di valori per verificare la coerenza della gestione aziendale o professionale dei contribuenti.
Di conseguenza, in base al riscontro dei corretti comportamenti fiscali, è possibile individuare i contribuenti "affidabili", che potranno accedere così a consistenti benefici premiali.
Il funzionamento degli Indicatori sintetici di affidabilità fiscale
I nuovi Indicatori di "compliance" sono uno strumento che si basa su un’informazione sintetica per individuare il grado di affidabilità dei contribuenti attraverso una scala di valori da 1 a 10. Per voti pari o al di sotto del 6 vi è il rischio di inserimento nelle liste selettive dei controlli da parte dell’Amministrazione Finanziaria.
Dopo aver determinato il proprio punteggio il contribuente può decidere di aumentarlo ed eventualmente massimizzarlo fino a 10. Per fare ciò il contribuente deve indicare in dichiarazione dei redditi ulteriori compensi o ricavi. Naturalmente questo comporta il versamento delle maggiori imposte dirette (Irpef, Ires e Irap) e delle imposte indirette (IVA). La differenza sostanziale rispetto agli Studi di Settore è che con gli ISA è il contribuente che decide l’eventuale importo maggiore da dichiarare per migliore il proprio indice sintetico di affidabilità.
Il grado di affidabilità dei contribuenti viene valutato secondo l’attività economica principale svolta, considerando comunque sempre la specificità della singola attività oppure il gruppo di attività economico. L’indice sintetico di affidabilità fiscale è dunque l’espressione di un giudizio di sintesi sull’affidabilità dei comportamenti dei contribuenti.
Si tratta di Indicatori elementari di affidabilità e di Indicatori elementari di anomalia. I primi hanno lo scopo di valutare l’attendibilità di relazioni tra grandezze di natura strutturale e contabile: ricavi e reddito per addetto, gestione del magazzino in relazione alle scorte, etc. Gli Indicatori elementari di anomalia esprimono, invece, delle incongruenze gravi rispetto al modello organizzativo attraverso un’analisi divisa in categoria che tiene conto della redditività, della gestione dei beni strumentali e di altri importanti parametri come l’incidenza degli oneri straordinari e degli accantonamenti.
I contribuenti obbligati all’applicazione agli Indicatori sintetici di affidabilità sono quindi i lavoratori autonomi e gli esercenti attività di impresa sia in forma individuale che in forma societaria. Gli indicatori di affidabilità non si applicano ai periodi di imposta in cui i contribuenti hanno iniziato o cessato l’attività lavorativa, nei confronti di organizzazioni di volontariato, di imprese sociali e di contribuenti minimi e forfettari.
L’Agenzia delle Entrate informa i contribuenti sugli esiti ottenuti e sulla base di quanto emerso dall’indicatore di affidabilità fiscale assegna loro un punteggio da 1 a 10. Superiore è il punteggio ottenuto dal contribuente e naturalmente maggiore è la sua affidabilità. Un punteggio elevato consentirà ai contribuenti di accedere con maggiore facilità al regime premiale e ai vantaggi garantiti dall'applicazione del nuovo strumento dell'Agenzia delle Entrate.
I benefici premiali sono previsti a cominciare da un indice di affidabilità pari ad 8.
Benefici Premiali
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Indice di affidabilità
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Esonero visto conformità per la compensazione dei crediti IVA, IRPEF ed IRAP entro determinate sogli; esonero visto conformità o garanzia per i rimborsi IVA entro determinate soglie, riduzione di un anno termini di accertamento
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8
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Esonero da accertamenti analitico-induttivo
|
8,5
|
Esonero dall’applicazione del “redditometro” a determinate condizioni
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9
|
Disapplicazione della disciplina sulle società non operative
|
9
|
Team fiscoeasy.it
domenica 21 luglio 2019
Le retribuzioni Convenzionali - Tassazione
Le retribuzioni Convenzionali - Tassazione
Fiscoeasy, il Tuo commercialista online, con questo ulteriore articolo intende arricchire le informazioni fiscali, disponibili sul portale fiscoeasy.it, relative ai redditi conseguiti all’estero.
I lavoratori dipendenti che hanno la residenza fiscale in Italia, e prestano attività continuativa all'estero, possono optare per la tassazione dei redditi conseguiti, adottando il criterio delle retribuzioni convenzionali.
Per usufruire di quest'agevolazione fiscale, è necessario essere in possesso di determinati requisiti, stabiliti dalla legge.
Per usufruire di quest'agevolazione fiscale, è necessario essere in possesso di determinati requisiti, stabiliti dalla legge.
Per meglio comprendere l'argomento, occorre una premessa. Secondo l'art. 3 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), i lavoratori subordinati che prestano la propria attività all'estero, mantenendo la residenza fiscale in Italia, sono tenuti al pagamento delle imposte sui redditi conseguiti nel Paese di residenza, inclusi quelli percepiti all'estero.
I criteri utilizzati per il calcolo dell'importo dovuto appartengono a tre categorie di tassazione: dei lavoratori frontalieri; quella calcolata in modalità analitica; infine, quella basata sulle retribuzioni convenzionali.
Retribuzioni convenzionali: i requisiti per usufruirne
Quali sono le prerogative che devono possedere i lavoratori dipendenti ai fini dell'applicazione del sistema di tassazione per le retribuzioni convenzionali?
- il mantenimento della residenza fiscale in Italia. Il concetto di residenza fiscale è indicato nell'art. 2 del DPR 917/86, secondo cui, "si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d'imposta sono iscritti nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del Codice Civile";
- aver lavorato più di 183 giorni esclusivamente all'estero. Ai fini del calcolo vanno computate anche le ferie, le festività, riposi infrasettimanali e giorni non lavorativi. I giorni sono considerati all'interno dell'anno solare;
- prestare attività in uno dei seguenti settori, come indicato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali: edile, artigianato, industria cinematografica e spettacolo, credito, commercio, assicurazioni, trasporto aereo, agricoltura, autotrasporto e spedizione merci.
- il mantenimento della residenza fiscale in Italia. Il concetto di residenza fiscale è indicato nell'art. 2 del DPR 917/86, secondo cui, "si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d'imposta sono iscritti nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del Codice Civile";
- aver lavorato più di 183 giorni esclusivamente all'estero. Ai fini del calcolo vanno computate anche le ferie, le festività, riposi infrasettimanali e giorni non lavorativi. I giorni sono considerati all'interno dell'anno solare;
- prestare attività in uno dei seguenti settori, come indicato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali: edile, artigianato, industria cinematografica e spettacolo, credito, commercio, assicurazioni, trasporto aereo, agricoltura, autotrasporto e spedizione merci.
La ratio di questa lista esclusiva risiede nel fatto che le categorie ricomprese nell'elenco sopra riportato, presuppongono un'attività lavorativa che possa essere prestata anche fuori dal proprio Paese di residenza, per un periodo che può superare i sei mesi in un anno, in virtù della natura stessa del lavoro.
A questo proposito, non sono contemplate le trasferte o la partecipazione a fiere ed eventi all'estero, in quanto questa tipologia di attività sono considerate, a tutti gli effetti, prestazioni accessorie al lavoro principale: pertanto, esse non sono considerate un requisito che consente di usufruire della tassazione secondo le retribuzioni convenzionali.
A questo proposito, non sono contemplate le trasferte o la partecipazione a fiere ed eventi all'estero, in quanto questa tipologia di attività sono considerate, a tutti gli effetti, prestazioni accessorie al lavoro principale: pertanto, esse non sono considerate un requisito che consente di usufruire della tassazione secondo le retribuzioni convenzionali.
La tassazione delle retribuzioni convenzionali: le tabelle
Come si fa a quantificare l'imposizione fiscale, in base a questo criterio di tassazione dei redditi da lavoro dipendente?
La base imponibile, ovvero l'importo su cui si calcolano le imposte dovute, è stabilita su base forfettaria: pertanto, non corrisponde ai redditi effettivamente percepiti all'estero dal lavoratore subordinato.
Gli importi fanno riferimento a specifiche tabelle predisposte dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Il decreto del 2/12/2018, pubblicato sulla G.U. del 17/01/2019, ha stabilito i massimali delle retribuzioni convenzionali per l'anno 2019, indicando gli importi figurativi che corrispondono al relativo settore di appartenenza, alla qualifica ed livello di inquadramento del lavoratore dipendente.
La base imponibile, ovvero l'importo su cui si calcolano le imposte dovute, è stabilita su base forfettaria: pertanto, non corrisponde ai redditi effettivamente percepiti all'estero dal lavoratore subordinato.
Gli importi fanno riferimento a specifiche tabelle predisposte dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Il decreto del 2/12/2018, pubblicato sulla G.U. del 17/01/2019, ha stabilito i massimali delle retribuzioni convenzionali per l'anno 2019, indicando gli importi figurativi che corrispondono al relativo settore di appartenenza, alla qualifica ed livello di inquadramento del lavoratore dipendente.
Gli obblighi del sostituto di imposta
Il datore di lavoro (o sostituto di imposta), nei casi in cui il rapporto di lavoro preveda una permanenza all'estero di più di 183 giorni, applicherà la tassazione su base convenzionale a partire dalla prima retribuzione utile, salvo effettuare un successivo conguaglio di rettifica, nel momento in cui dovessero eventualmente venire meno i presupposti o mutare le condizioni sottoscritte con il lavoratore.
Ad oggi, le imprese hanno una presenza, all'interno del mercato di riferimento, sempre più internazionale: pertanto, un numero crescente di lavoratori è coinvolto in situazioni in cui è previsto il loro distacco in un Paese diverso da quello in cui hanno la residenza.
Nei casi in cui la totalità o la gran parte dell'attività lavorativa sia svolta all'estero, occorre predisporre, tra il datore di lavoro ed il dipendente, una scrittura apposita, in cui venga specificato che l'oggetto del rapporto riguarda un ruolo da svolgersi in via esclusiva nel Paese estero.
Ad oggi, le imprese hanno una presenza, all'interno del mercato di riferimento, sempre più internazionale: pertanto, un numero crescente di lavoratori è coinvolto in situazioni in cui è previsto il loro distacco in un Paese diverso da quello in cui hanno la residenza.
Nei casi in cui la totalità o la gran parte dell'attività lavorativa sia svolta all'estero, occorre predisporre, tra il datore di lavoro ed il dipendente, una scrittura apposita, in cui venga specificato che l'oggetto del rapporto riguarda un ruolo da svolgersi in via esclusiva nel Paese estero.
La corretta applicazione delle retribuzioni convenzionali
Ai fini della corretta applicazione dell'agevolazione fiscale riferita alle tassazioni convenzionali, è necessaria un'attenta analisi della propria situazione, verificando la sussistenza di tutti i requisiti necessari richiesti dalla legge.
In particolare, il rapporto di lavoro deve avere carattere di esclusività: pertanto, l'attività svolta all'estero dal lavoratore dovrà essere l'unica. Pertanto, anche eventuali trasferte presso aziende collegate, che si trovano all'estero, non riguardano un'attività esclusiva prestata all'estero. In caso contrario, la tassazione applicabile ai redditi conseguiti sarà quella analitica, ovvero quella percepita effettivamente.
Inoltre, il lavoratore dipendente dovrà fare le opportune verifiche circa il mantenimento della residenza in Italia, rivolgendosi all'anagrafe comunale.
In particolare, il rapporto di lavoro deve avere carattere di esclusività: pertanto, l'attività svolta all'estero dal lavoratore dovrà essere l'unica. Pertanto, anche eventuali trasferte presso aziende collegate, che si trovano all'estero, non riguardano un'attività esclusiva prestata all'estero. In caso contrario, la tassazione applicabile ai redditi conseguiti sarà quella analitica, ovvero quella percepita effettivamente.
Inoltre, il lavoratore dipendente dovrà fare le opportune verifiche circa il mantenimento della residenza in Italia, rivolgendosi all'anagrafe comunale.
Ti ricordiamo che puoi sempre accedere al servizio di consulenza, utilizzando le applicazioni presenti sul portale www.fiscoeasy.it
Team fiscoeasy
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lunedì 1 luglio 2019
venerdì 21 giugno 2019
Immobili all'estero - tassazione
Secondo la normativa fiscale italiana il possesso dei beni immobili all’estero è soggetto al monitoraggio fiscale e a una specifica tassazione.
A dover dichiarare ogni anno il possesso di un eventuale immobile all’estero sono le persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici.
In buona sostanza, i contribuenti, fiscalmente residenti in Italia e in possesso di un immobile all’estero, hanno l’obbligo di presentare la dichiarazione annuale dei redditi per mettersi in regola con il Fisco italiano.
I casi sono i seguenti:
1) Immobili situati all’estero tassati in base a criteri catastali attraverso l’applicazione per esempio di tariffe d’estimo catastale
In questo caso il reddito da dichiarare in Italia coincide con il reddito determinato in base ai criteri catastali esteri al netto delle eventuali spese riconosciute;
2) Immobili situati all’estero e tassati in base al reddito effettivo derivante dal canone di locazione.
a) Nell’ eventualità che il reddito da locazione non sia soggetto ad imposizione nello Stato estero il reddito costituito dai canoni di locazione effettivamente percepiti è oggetto di tassazione in Italia ridotto forfettariamente del 15% per i costi sostenuti;
b) Nel caso in cui il reddito costituito dai canoni di locazione effettivamente percepiti è soggetto ad imposizione nello Stato estero tale reddito, così determinato, sarà oggetto di tassazione anche in Italia senza riduzione forfettaria. Tuttavia è possibile godere del credito d’imposta per le imposte versate nello Stato estero.
3) Immobili situati all’estero non produttivi di reddito
a) Se gli immobili situati all’estero non sono stati concessi in locazione e se quest’ultimi non sono sottoposti a tassazione nello Stato estero non dovranno essere dichiarati in Italia. In questo caso il contribuente dovrà limitarsi a redigere il quadro RW (monitoraggio fiscale) e a versare l’IVIE.
L’IVIE è un’imposta sui diritti reali sugli immobili detenuti dai contribuenti lontano dai confini italiani. Un’imposta introdotta nel nostro Paese con il Decreto Salva-Italia, convertito nella legge n. 214/2011, ed entrata in vigore a partire dall’anno 2012.
Sono tenuti al versamento dell’imposta:
-i proprietari degli immobili o i titolari dei diritti reali sugli stessi immobili;
-i concessionari, in tutti quei casi di concessioni delle aree demaniali;
-i locatari, per gli immobili concessi in locazione. Nei casi di locazioni, l’obbligo sussiste a partire dal giorno della stipula del contratto e per l’intera valenza contrattuale.
L’imposta sul valore degli immobili situati all’estero è pari allo 0,76% ed è dovuta in proporzione alla quota di possesso e ai mesi dell’anno nei quali si è consumato il relativo possesso. A tal proposito, ricordiamo che il mese in cui il possesso c’è stato per almeno 15 gg. viene conteggiato interamente ai fini del calcolo dell’imposta dovuta.
Per i Paesi dell’UE e per i Paesi appartenenti alla Spazio Economico Europeo (Islanda e Norvegia) il valore da usare per il calcolo è principalmente quello catastale, così come determinato nel Paese in cui l’immobile si trova. Nei casi in cui manca il valore catastale il riferimento per la base di calcolo è il costo risultante dall’atto di acquisto o, in sua assenza, il valore di mercato dell’immobile. Per gli altri Paesi, invece, il valore degli immobili è rappresentato dal costo che risulta dall’atto di acquisto o, in sua assenza, dal valore di mercato sempre riferito alla località che ospita l’immobile. Inoltre, è bene precisare che l’aliquota da pagare dallo 0,76% passa allo 0,4% per tutti quegli immobili posseduti al di fuori dei confini italiani ma adibiti ad abitazione principale che nel nostro Paese risulterebbero classificati come immobili non di lusso.
Per il pagamento dell’imposta vengono applicate le medesime regole previste per l’IRPEF, anche relativamente alle scadenze deli acconti e dei saldi da versare con il Modello F 24. Per dichiarare il valore degli immobili che si trovano all’estero va utilizzato il quadro RW della dichiarazione annuale dei redditi.
Pertanto i contribuenti con residenza fiscale in Italia possessori di beni immobili all’estero devono compilare il quadro RW. Il quadro RW del Modello Redditi Persone Fisiche è riservato al monitoraggio delle attività finanziarie e degli investimenti patrimoniali detenuti all’estero e utile per determinare le imposte patrimoniali:
-sugli immobili detenuti all’estero (IVIE);
-sulle attività finanziarie detenute all’estero (IVAFE).
Il contribuente possessore di un immobile all’estero deve indicarne il valore nel presente quadro e la quota di possesso espressa in percentuale.
Fiscoeasy, ti consente, di avere tutta la consulenza completa ed un aiuto pratico per la redazione e invio della Dichiarazione dei Redditi.
Utilizzato dalle persone fisiche per dichiarare i propri redditi il Modello Redditi PF permette la dichiarazione dei redditi che derivano dai terreni, dalla propria impresa, dalla partecipazione in società, da lavoro autonomo (professionisti abituali o occasionali), da lavoro dipendente o assimilato.
Con questo servizio Fiscoeasy, il tuo commercialista on line, sarà in grado di darti informazioni sulla opportunità di utilizzare il Modello Redditi o di utilizzare un’altra forma di dichiarazione dei redditi.
Team fiscoeasy
Web : www.fiscoeasy.it
e-mail: info@fiscoeasy.it
domenica 2 giugno 2019
Riforma del terzo settore
Cosa cambia dal 2 agosto 2019 per le Onlus, organizzazioni di volontariato, APS.
Il prossimo 2 agosto 2019 è indicato come termine ultimo per l'adeguamento dello statuto delle Onlus, organizzazioni di volontariato, APS (associazioni di promozione sociale) che siano iscritte ai rispettivi registri. Tale iscrizione è indispensabile per godere delle agevolazioni fiscali previste per queste tipologie di Enti.
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha disposto, con apposita Circolare, la n. 20 del 28 dicembre 2018, le modalità e le indicazioni secondo con cui gli Enti cosiddetti del Terzo Settoredovranno adeguare i propri Statuti.
Fiscoeasy considerata la valenza della riforma nonché l’impatto che necessariamente avrà sui soggetti coinvolti, ha predisposto anche un servizio di consulenza disponibile per tutti coloro che dovranno, entro il 2 agosto, adeguarsi alla nuova normativa.
Questa fase è intesa come un momento transitorio, che conduce gli Enti riconosciuti verso l'iscrizione al Registro Unico del Terzo Settore (RUNTS).
La Circolare ministeriale si pone come una guida operativa per gli Enti del Terzo Settore, ed ai collaboratori ad essi collegati, chiamati ad interfacciarsi con la nuova normativa. Gli aspetti innovativi, peraltro chiaramente richiamati all'interno della Circolare, sono essenzialmente tre.
1. I destinatari della Circolare
L'articolo 1, comma 2, del "Codice del Terzo Settore", stabilisce che le organizzazioni coinvolte dall'obbligo di adeguamento sono unicamente quelle iscritte ai registri nazionali, regionali o delle Provincie Autonome, e le ONLUS iscritte alla cosiddetta "anagrafe unica"; inoltre, questi organismi devono essere stati istituiti in data antecedente al 3 agosto 2017, data che vede l'entrata in vigore del Codice del Terzo Settore. Il motivo sta nel fatto che gli Enti costituiti in data successiva hanno automaticamente acquisito le nuove direttive contenute nel Codice.
Inoltre, sono esclusi dall'obbligo di adeguamento statutario anche gli organismi non riconosciuti.
La Circolare Ministeriale indica due modalità, attraverso cui è possibile apportare modifiche agli Statuti da parte degli organi degli Enti:
-semplificata, nel caso in cui venga considerata la maggioranza prevista per le delibere ordinarie, già indicate nei rispettivi Statuti;
-non semplificata, nel caso in cui si applichi la maggioranza qualificata prevista per gli emendamenti dello Statuto, contenuti al suo interno.
-non semplificata, nel caso in cui si applichi la maggioranza qualificata prevista per gli emendamenti dello Statuto, contenuti al suo interno.
La maggior parte dei cambiamenti degli Statuti può essere apportata, tuttavia, in via semplificata; lo spirito della norma è, infatti, quello di non appesantire, nei limiti del possibile, gli oneri in capo agli Enti cui sono demandate le modifiche del proprio regolamento.
2. Innalzamento delle tempistiche per l'adeguamento
Nella Circolare viene evidenziato un aspetto nuovo, che riguarda la tempistica di adeguamento, aumentata a ventiquattro mesi, rispetto ai diciotto precedentemente previsti. La ragione di questa disposizione risiede nella previsione che gli Enti, in questo modo, avranno più tempo a disposizione per apportare le dovute modifiche ai propri regolamenti, tenuto conto dell'importanza del loro contenuto.
Qualora siano assenti gli organi assembleari, le modifiche possono essere deliberate dall'organo amministrativo con i quorum già previsti dal proprio ordinamento interno.
3. Delimitazione della facoltà di modifica
Ha un aspetto sostanziale la terza novità introdotta dalla Circolare e che concerne la circoscrizione dei casi di modifica, che vengono classificati per tipologia ed associati a precise modalità operative.
Infatti, nel testo della Circolare, vengono distinte le norme che non sono derogabili, quelle che lo sono solamente se lo Statuto lo prevede, ed infine norme che individuano nello Statuto semplici facoltà (solitamente le formule sono quelle del tipo) "se l'atto costitutivo o lo Statuto lo consentono".
Gli elementi che dovranno figurare nello Statuto
L'obiettivo, in questa sede, è quello individuare ciò che i regolamenti degli Enti ricompresi nella norma dovranno necessariamente contenere per l'adeguamento previsto. Ai collaboratori dei singoli organismi è demandata, in questa fase di transizione, un'analisi della propria realtà, al fine di individuare in maniera corretta le modifiche da apportare al proprio Statuto. Questo dovrà recare, oltre alla forma giuridica, ai principi generali dell'Ente, anche le finalità che hanno un'utilità sociale, oltre che, ovviamente, l'assenza dello scopo di lucro.
Particolare attenzione va riservata alla modalità di destinazione del patrimonio nel caso di estinzione o scioglimento. Deve essere espressamente indicato nello Statuto, nell'eventualità, quali organi dell'Ente del Terzo Settore che hanno il compito di fare la scelta di devoluzione del patrimonio, e verso quale soggetto.
Le Onlus
Un'attenzione particolare va riservato alle Onlus. A tale riguardo, l'Agenzia delle Entrate ha sottolineato che il loro regime continuerà ad essere in vigore fino al momento in cui non verrà applicata la nuova normativa fiscale contenuta nel Titolo X del Codice del Terzo Settore e, in ogni caso, nel periodo di imposta successivo a quello dell'operatività del RUTS.
Un aspetto meritevole di attenzione è che le Onlus avranno l'obbligo di denominarsi sempre come tali, ma dovranno inserire la sigla ETS all'interno del proprio Statuto.
Alcune osservazioni
C'è chi fa notare che le associazioni che sono chiamate ad operare modifiche al loro Statuto, avrebbero la possibilità di introdurre eventuali elementi che possono essere loro utili per la propria organizzazione interna, magari anche a ridefinire la propria identità e la propria mission. Una considerazione altrettanto valida sta nel fatto che alcuni Enti del Terzo Settore avrebbero anche la possibilità di riformulare il loro assetto interno, per meglio rispondere a finalità istituzionali per le quali esse sono state create.
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